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Immunoterapia oncologica: Nivolumab migliora la sopravvivenza globale nei pazienti con carcinoma renale avanzato


Nivolumab ( Opdivo ), un inibitore del checkpoint immunitario prolunga significativamente la sopravvivenza nei pazienti con carcinoma renale in fase avanzata, la cui malattia è progredita dopo il primo trattamento, secondo i risultati presentati al 2015 European Cancer Congress, e pubblicati contemporaneamente su The New England Journal of Medicine ( NEJM ).

Lo studio clinico di fase III CheckMate 025, che ha confrontato Nivolumab con il trattamento standard, Everolimus ( Afinitor ), nei pazienti con carcinoma renale a cellule chiare, è il primo a dimostrare un miglioramento della sopravvivenza globale in questi pazienti per un inibitore del checkpoint immunitario.
Nivolumab blocca l'interazione tra PD-1 ( proteina-1 della morte cellulare programmata ) e il ligando di PD-1 ( PD-L1 ).
Il vantaggio di sopravvivenza è stato, tuttavia, riscontrato in tutti i pazienti, indipendentemente dal grado di espressione di PD-L1 dei loro tumori.

I pazienti che hanno assunto Nivolumab hanno presentato una sopravvivenza globale mediana di 25 mesi rispetto ai 19.6 mesi per quelli trattati con Everolimus.

I dati di questa analisi hanno dimostrato che una percentuale maggiore di pazienti ha presentato restringimento dei tumori in risposta a Nivolumab versus Everolimus; il tasso di risposta obiettiva è stato del 25% per Nivolumab contro il 5.4% per Everolimus, il tasso di risposta parziale è stato del 24.1% contro 4.9%, il tasso di risposta completa è stato rispettivamente dell’1% e dello 0.5%; diversi pazienti hanno sperimentato una stabilizzazione della malattia senza crescita tumorale ( 34.4% per i pazienti trattati con Nivolumab contro 55.2% per i pazienti trattati con Everolimus ).

Sono stati riscontrati meno eventi avversi gravi ( grado 3-4 ) tra i pazienti trattati con Nivolumab: 19% versus 37% tra i pazienti del gruppo Everolimus.
Gli effetti indesiderati più comuni sono stati: senso di affaticamento ( 33% ), nausea ( 14% ) e prurito in forma grave ( 14% ) per Nivolumab; affaticamento ( 34% ), infiammazione della mucosa orale ( 30% ) e anemia ( 24% ) per Everolimus.
Non ci sono stati decessi correlati al trattamento per Nivolumab; due, invece, sono stati riscontrati tra i pazienti trattati con Everolimus.

La studio di fase III CheckMate 025 ha reclutato 821 pazienti con carcinoma renale a cellule chiare in forma avanzata, che avevano ricevuto un precedente trattamento, nel periodo compreso tra ottobre 2012 e marzo 2014.
Questi pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere 3 mg/kg di Nivolumab per via endovenosa ogni due settimane o una compressa da 10 mg di Everolimus assunta per via orale al giorno.
I pazienti sono stati seguiti ( follow-up ) per almeno 15 mesi, e i dati utilizzati per l'analisi presentata all’ECC 2015 avevano come cut-off giugno 2015; a quella data, il 17% dei pazienti trattati con Nivolumab e il 7% dei pazienti trattati con Everolimus era ancora in trattamento.
I decessi hanno interessato il 45% dei pazienti nel gruppo Nivolumab e il 54% dei pazienti trattati con Everolimus; il rischio di morte per qualsiasi causa è risultato inferiore del 27% tra i pazienti che avevano ricevuto Nivolumab.

Lo studio è stato interrotto precocemente nel luglio 2015, quando è apparso chiaro che la sopravvivenza globale era maggiore tra i pazienti in trattamento con Nivolumab.
Ai pazienti è stata offerta la possibilità di continuare ad assumere Nivolumab o, per chi era nel gruppo Everolimus, di passare a Nivolumab.

Il carcinoma a cellule renali è il tipo più comune di cancro del rene negli adulti, con 338.000 nuovi casi e più di 100.000 morti in tutto il mondo ogni anno.
A livello globale, il tasso di sopravvivenza a cinque anni per le persone con diagnosi di cancro del rene in fase avanzata è del 12.1%.

La constatazione che la sopravvivenza globale era maggiore tra i pazienti trattati con Nivolumab, indipendentemente dalla espressione di PD-L1, suggerisce che l'espressione di PD-L1 non dovrebbe essere impiegata per individuare i pazienti che potrebbero rispondere all’immunoterapia.
PD-L1 è un biomarcatore dinamico che cambia nel tempo in seguito all’evoluzione delle risposte immunitarie. ( Xagena )

Fonte: European Society for Medical Oncology ( ESMO ) Congress, 2015

Xagena_UrologiaOncologica_2015



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